La pioggia battente
scende rumorosa, mentre il cadavere di un uomo giace con la testa all'ingiù in
una fossa sul litorale calabrese. È Marco Morello, figlio di un noto
capobastone della zona. Tutti sono convinti che sia un delitto di mafia, una
resa di conti. Tutti tranne Alberto Lenzi. Il "giudice meschino"
preferirebbe continuare a tormentare il nuovo tirocinante e a flirtare con le
colleghe, ma il caso gli è stato affidato e la pista mafiosa non lo convince.
Lui sa chi può dirgli come stanno le cose, anche se questo significa uscire
dalle indagini ufficiali: don Mico Rota, capobastone a mezzo tra onorata
società e 'ndrangheta e suo miglior nemico. L'uomo si mostra ugualmente
scettico. Quando un altro cadavere viene trovato, le indagini subiscono una brusca
accelerazione. Si tratta di un poliziotto che tutti credevano corrotto e
colluso con la 'ndrangheta. I giochi sembrano fatti, tanto più che gli omicidi
paiono legati a un rituale simbolico delle cosche malavitose. Eppure a Lenzi
qualcosa non quadra ancora. Brancolare nel buio per seguire una propria
intuizione non è mai una bella sensazione per un magistrato, ma il fato a volte
arriva ad aiutare i più audaci. Una telefonata anonima getta una luce nuova sul
caso. Una svolta inquietante, sordida, losca. Una svolta che pare quasi
impossibile. Ora quello che manca è solo il movente, il "sangue" che
don Mico dice a Lenzi di cercare...
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